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Facciate, mmh…bonus

Aggiornamento: 16 mag 2023













a cura di Aldo Fisco studio Appizzo & Associati


Il dubbio è che la mancanza di imponibili sia riconducibile, oltre che al fenomeno evasivo, che però necessita di valutazione qualitativa, anche e forse soprattutto, all’assenza di mobilità delle quote di ricchezza accumulata che, se è vero che non contribuisce a creare ulteriore ricchezza nel sistema29, serve quantomeno, come si dice, a “far girare l’economia”, cioè a creare condizioni di trasferibilità di quei valori, dalla condizione di risparmio alla sua percezione da parte dei vari soggetti economici del sistema che rientrano in quell’investimento, in quel consumo.”

- nota 29 Facciamo un esempio semplice: un soggetto ha un risparmio di 20.000 euro; decide di cambiare la cucina. Commissiona l’acquisto, 10.000 euro. Il venditore, un commerciante, incassa 10.000 euro, scorpora l’iva (semplifichiamo e non consideriamo il meccanismo della detrazione), quindi la paga, sul residuo, che è ricavo, paga il fornitore, i dipendenti, etc. Sul margine complessivo di questa vendita si pagano le imposte. Nel sistema, prima c’erano 10.000 euro di liquidità su un soggetto (l’acquirente) e un bene, al valore di 10.000 euro, su altro soggetto (il venditore). Alla fine della fiera, l’acquirente ha un bene per 10.000 euro e liquidità in meno per lo stesso importo, il venditore ha un bene in meno per lo stesso valore e ha incassato la corrispondente liquidità. Il venditore trattiene il margine, distribuendo il residuo tra i fattori della produzione. Sul margine complessivo della vendita si pagano le imposte (in teoria ciascuno per la sua quota). La ricchezza complessiva nel sistema non aumenta; nel settore privato, la ricchezza risparmiata (10.000 euro) si trasferisce parzialmente al settore pubblico per la quota delle imposte. Nel sistema c’è solo permuta di beni e distribuzione (dal lato cedente/fornitore). Sull’uso della quota di ricchezza privata trasferita al comparto pubblico per le imposte che gravano sulla vendita, fate voi –“tratto da “Torneranno i Sogni


Sembra chiaro, ogni volta che si verifica una decisione di spesa, l’Economia gira e c’è un beneficio in termini di finanza pubblica, c’è una distribuzione negli attori del privato, quindi l’investimento/acquisto/consumo nell’ambito del comparto privato serve a far muovere l’Economia.

Quando è il Pubblico a spendere, la ricchezza nel settore privato si incrementa.

Veniamo al caso bonus, in sostanza l’onere di ammodernamento/adeguamento alle norme ambientali nonché il miglioramento della condizione estetica, non solo singola, ma delle aree urbane, è a carico pubblico.

Gli obiettivi quindi possiamo sintetizzarli così: 1. adeguamento ambientale con impatto sulla riduzione dei consumi energetici e quindi con un 2. beneficio futuro collettivo in termini di riduzione dell’assorbimento di energia, di conseguenza 3. minor incidenza di costo per i cittadini e le famiglie, con beneficio sul reddito che tendenzialmente è sotto pressione nella rinnovata fase inflattiva e vive nella discontinuità lavorativa ancora più marcata.

Inoltre, l’economia e gli operatori economici, una platea ampia, ne trae beneficio perché c’è lavoro, quindi ricchezza prodotta con benefici diretti ed indiretti, indotti dalla quota di consumi che redistribuisce la ricchezza nella società.

Inoltre, nel momento in cui la “quota di investimento” si rende operativa, cioè si realizza, le casse Pubbliche hanno un beneficio sia immediato, che traslato nel tempo (in relazione alle imposte dirette che si calcoleranno a chiusura dell’esercizio).

Bisogna considerare che un bonus che copre l’intero fabbisogno di investimento, va a diretto beneficio delle unità più bisognose, cioè meno capienti, che migliorano la condizione abitativa e beneficieranno, in proiezione, una minor incidenza del costo per consumi energetici, come detto.

Bene, fino a qui, tutto a posto, fila tutto. Cosa manca? Mancano i soldi.

Non avendo più autonomia diciamo “monetaria” e di espandere il debito, tutto ciò che lo Stato può fare è trovare spazio all’interno del conto annuale, dello spazio fiscale/finanziario disponibile nel bilancio, perdonate l’atecnicismo, ma l’importante è capirsi.

Adesso proviamo a fare un esempio scolastico, semplice. Supponiamo che lo stato abbia un conto corrente con su un certo numero di miliardi, milioni, come vi pare; il condominio fa il progetto, l’impresa predispone il preventivo con la pianificazione della tempistica, si espleta la procedura di controllo richiesta e ritenuta la più sicura rispetto ai pericoli di frodi, la richiesta perviene negli uffici pubblici preposti e qui magari con una modalità più o meno standard, lo stato paga, acconto, avanzamento lavori, saldo, a seconda come le parti soddisfino i requisiti di liquidità e sicurezza sull’esecuzione lavori. Magari una banca viene dotata del plafond per quel lavoro e fa il suo mestiere, potrebbe gestire i conti affidati dei soggetti che partecipano a quel progetto, magari ognuno si sconta il suo plafond di affidamento e, se non ci sono imprevisti, tutto fila liscio, come l’olio. A questo punto, il problema qual è? Non avendo più possibilità di creare valore monetario, lo stato non ha quel conto corrente attivo e deve trovare all’interno dei meccanismi di autonomia, le risorse e le modalità per far viaggiare il tutto.

Quindi alla partenza della misura, il semplice possesso di un immobile potenzialmente attribuiva al proprietario il diritto al riconoscimento di un credito, pari all’importo dell’intero investimento compresi gli oneri fiscali e bancari dell’operazione.

La parte pubblica ha creato “credito” che poi in un certo momento doveva e deve trasformarsi, al di là dei tecnicismi, in moneta, quindi indirettamente ha creato moneta. E lo deve fare cercando di far funzionare il tutto, perché nei lavori su commessa, la liquidità è fondamentale per rispettare la pianificazione. Come detto, la quota con cui lo stato può intervenire è all’interno della quota disponibile nel bilancio (si capisce anche se non è tecnicamente corretto) del periodo di riferimento in cui gli investimenti vengono realizzati. Cosa succede in realtà, che le modalità tecniche di trasformazione del credito in liquidità si possono bloccare sia perché, nell’ambito della forma tecnica dell’utilizzo in compensazione del credito, ci può essere un limite di capienza nel plafond delle singole attività produttive, sia perché, più in generale, lo stato oltre il limite di bilancio non può andare.

In sostanza, se si concentra la misura su un arco temporale stretto, si verificano una serie di conseguenze:

- per poter usufruire della misura, nel settore nascono attività produttive anche “improvvisate” non in grado di finire i lavori per scarsa solidità sia di competenze, sia di solidità finanziaria;

- l’entità di ricorso alla misura è notevole, proprio per non perdere l’opportunità;

- dall’altra, l’esplosione di richieste espone lo stato ad uscite ed impegni nel periodo di tempo, ben superiori alle proprie capacità.

Trattandosi di un’attività di investimento, pur se l’onere è pubblico, sempre di attività di investimento si tratta e quindi l’orizzonte temporale dovrebbe necessariamente adeguarsi ad un tempo più lungo, per poter assorbire il fabbisogno finanziario generato dal saldo netto tra quanto lo stato deve pagare per rimborsare le imprese dei lavori fatti (il contribuente/cittadino non paga nulla) e quanto incassa per le imposte generate dal movimento delle risorse. Ecco quindi che possiamo considerare vere e non contrastanti tra loro, le affermazioni per cui la misura ha avuto un grande beneficio per l’economia sia delle aziende che delle casse pubbliche, però i conti pubblici rischiano di disintegrarsi se non si spalma in un periodo più lungo il flusso di impegni per rimborsare un ammontare di lavori elevato, concentrato in un periodo troppo stretto.

Possiamo magari condividere il pensiero che in fase di istituzione di un nuovo incentivo, che si pone obiettivi largamente condivisi, in linea con le politiche direi europee di ammodernamento dei luoghi abitativi, si possano verificare inefficienze, quantomeno si può concordare nell’esistenza di margini di miglioramento sia delle procedure di controllo che delle modalità finanziarie di regolazione dei rapporti.

Il problema vero, di fondo, è che nel caso di specie, si è creata base monetaria, al di fuori dai canoni previsti e che l’ammontare di questa base monetaria si è rivelata troppo grande rispetto al previsto e alla capienza dell’importo ad esso destinabile all’interno dell’autonomia di bilancio dello stato.

Per avere un’idea più chiara, è come se lo Stato avesse acquistato un immobile da affittare, per quanto alte possano essere le entrate per affitti nell’arco di un anno, se il pagamento dell’investimento deve essere fatto nell’arco dello stesso periodo, è chiaro che la sola liquidità degli affitti riscossi non è sufficiente, così come non è sufficiente la quota del tesoretto di risparmio di cui lo stato dispone.

Diciamo che nella comunicazione, nel raccontare gli effetti della misura, si cade in un errore neanche tanto atipico, cioè è ricorrente, quello di confondere l’aspetto economico con quello finanziario. L’aspetto economico funziona, cioè l’economia gira e il flusso delle entrate (come nel caso di prima gli affitti) è rilevante, la parte finanziaria non gira, perché l’esborso a copertura degli investimenti è troppo grande rispetto ai flussi di entrata.

Va da sé che nell’ottica di efficientamento energetico, anche in futuro, magari con una pianificazione nel tempo, la misura a mio avviso andrebbe tenuta nell’entità originariamente prevista, per evitare disuguaglianze tra cittadini e differenti trattamenti a parità di condizioni.

Basta pianificare gli interventi nel tempo, negli anni, il che consentirebbe di raggiungere tutti gli obiettivi positivi della misura (beneficio per l’economia, ammodernamento in senso energetico, estetica e condizioni di vita, rafforzamento della struttura produttiva del mercato, cioè degli operatori che hanno competenze e garantiscono non solo correttezza, rispetto delle regole, ma anche continuità occupazionale, in generale distribuzione di ricchezza nell'economia).


 

Prescindo dal particolare, l’attuale momento storico, per andare sul generale, e dico che la comunicazione fru fru, quella veloce, è inadatta a spiegare problemi complessi, che meritano di essere affrontati con rispetto e al di fuori delle tempeste afflittive che riguardano gli scontri tra gruppetti, gruppi, grupponi, correntine, correnti, correntoni, locali, nazionali, internazionali, mondiali, galattici.

Il nostro, quello nostrano, è un mondo molto complesso, il mondo di prima non torna, soprattutto perché, in alcuni casi specifici, quel mondo non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito, non è mai esistito.

Ecco perché non torna.

Fino a quando dovremo continuare a pagare per questo modo di raccontare, interpretare, farneticare, stritolare?

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