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Il mosto dell’ignoranza dell’anima al profumo di rosa

Aggiornamento: 16 mag 2023


"Il nome della rosa"


Libertà, innovazione, conservazione, la percezione del vivere


1. La ventata che ha ribaltato, in alcuni stati, gli assetti politici vissuti nell’era globale troppo spesso immersi in uno stato di torpore, forse da troppo benessere, non gestendo o non potendo gestire, per impossibilità conflittuale, almeno da noi, gli aspetti più importanti del vivere, nell’inaugurare una nuova gestione ha di fatto pestato la coda al drago (non ha riferimenti territoriali, tanto per capirci), senza gestirlo con la necessaria esperienza, anche storica, in cui azione e non azione, responsabilità e fare, irresponsabilità e inerzia, si sono mescolati fino a confezionare un cocktail pronto solo ad esplodere, una miscela micidiale difficile da smaltire, sensibile a qualsiasi urto, al minimo trotto sul terreno sconnesso;


2. E mentre la convergenza del dissenso si è allargata a dismisura nei comparti delle società, nei luoghi e nei territori, nel mondo, fino a raggiungere le dimensioni dell’anima, tutto ciò che il costituito poteva fare era: reprimere. Questo, cari signore e signori, “artisti, fabbricanti, fabbri ferrai, .....”, è quello che è accaduto nel recente passato. A qualsiasi costo, a costo della cancellazione, a costo dell’abbruttimento, a costo di navigare nei meandri dell’ignoranza dell’anima, perché, lor signori, questo è quello che è accaduto ed accade, sempre più sprofondati nell’ignoranza dell’anima. La becera falcidia di tutto ciò che è avverso, contrario, non omologato, pericoloso, fastidioso, rompicoglioni, contestante, briscolante e giustamente chiedente, tutto in nome della salvezza della continuità al ribasso nel comprimere diritti, nel produrre diseguaglianze nelle opportunità, nei percorsi, e che ha paura di affrontare alla radice i problemi, che ha paura di riconoscere, che conosce il potere della forza includente e costruisce frammenti di metaverso in cui si immergono tutte le anime gaudenti del nulla di fatto, per cui tutto va più o meno bene, per cui tutto si accetta per quieto vivere e per terrore verso il cambiamento. Oggi, a fronte dei mille dubbi che sempre sono propri del pensiero, è, per me, una certezza assoluta. Il tutto regala solo una decadenza ancora più profonda, come un mosto che ristagna, che si riempie di fiori con il profumo confezionato dalla fabbrica dei timbri e che diventa una necrotica poltiglia agli occhi di chi vive la sua semplice e mortale quotidianità e, agli occhi innocenti di chi ha ancora un lungo percorso di vita davanti e assiste, senza trovare spiegazioni e senza capire, presenta un mondo con l’utero retroverso, un molok in cui il rallentatore di una fotocamera riprende la lentezza del banchetto dei gruppi sociali di noè, in cui c’è alternanza di bulimia e anoressia, di abbondanza e scarsezza, di gioia e dolore, di compostezza e debordo.

Nel gioco dei ruoli nello spettacolo della finzione, nel palco recinto in cui proteggersi e in cui le anime più pure e disincantate possono solo scorgere, ora si, i primi brandelli di umanità che cominciano a disintegrarsi.

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