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È già domani: le nuove vie del lavoro per nuovi stili di vita

Aggiornamento: 16 mag 2023

riflessioni in tema di cambiamenti in atto nella società contemporanea

nuovi assetti di vita


Il fenomeno dell'abbandono dei posti di lavoro da parte di colletti di diverso colore, manager, quadri con esperienza, già in carriera e in fuoriuscita per percorrere nuove vie, in primis di vita (piccola riflessione e piccolo contributo) .”

Non possiamo dire che nell'ultimo decennio siano stati sporadici i cambiamenti di vita originati principalmente dalla necessità di riformulare i percorsi lavorativi, sin dal post crisi 2008. Ma il fenomeno che alcuni media specializzati e analisti dei mercati hanno già messo in evidenza (magari un po’ meno dalle nostre parti), è la scelta di molti quadri, manager, quelli che si chiamano colletti bianchi, blu e via di seguito, di abbandonare i propri percorsi lavorativi. Principalmente scelte di vita perché in molti casi è un abbandono senza paracadute, cioè senza immediata alternativa. Che la fase Covid abbia lasciato un segno, nel senso che in qualsiasi caso è stata una medicina da assaporare ed il gusto non è stato certamente piacevole, è un dato certo. Non ci ha, nella maggior parte dei casi, migliorato, ma ha fatto comprendere a molti la necessità di riconfigurare uno stile di vita più focalizzato sul presente, o meglio strutturato in modo da non rimandare al futuro i momenti di gratificazione, di riflessione, di dedizione a sé stessi, con più consapevolezza di sé, per vivere con uno stile meno frenetico. Riporterò i dati da alcune fonti e proverò, di mio, a riflettere su una delle tante sfaccettature di questa fase storica, cioè contemporanea, che è semplicemente una piccola evidenza dell'ingresso nella fase iniziale di quello che possiamo chiamare futuro. Perché molti protagonisti del mondo del lavoro, collocati in realtà consolidate di economie avanzate economicamente, decidono di fare un salto di quelli che dalle nostre parti chiameremmo "nel vuoto"? La possiamo chiamare "mancanza di voglia", o c'è qualcosa di più profondo che segna un distacco netto dalle logiche del passato, che diventa abissale se traslato nel modo di pensare consolidato nelle economie meno performanti, in cui la logica del posto fisso è ancora così fortemente radicato? Le scelte, innovative e originali, assumono un peso da non sottovalutare proprio per l'entità non più sporadica del fenomeno e ancor di più, se ci riflettiamo, perché agganciate alla riconfigurazione di molti aspetti dell'assetto sociale, vie che oggi sono ancora immerse in un liquido embrionale, un brodo primordiale, fatto purtroppo spesso di bla, bla, bla, e di linee di pensiero agganciate saldamente alle logiche e alle ideologie di un passato di cui non ci si vuole liberare per svariate ragioni.

Mentre le molle agganciate saldamente sulla cappotta dell'otto e mezzo dell'Albertone nazionale, che con le valige andava in vacanza a venti chilometri di distanza da casa, facevano il loro onesto ed efficiente lavoro, le molle del pensiero possono rappresentare un impedimento di non poco conto che ritardano, se non rendono impossibile, i processi di trasformazione delle strutture sociali e le scelte necessarie, anche di tipo politico, per consentire e favorire i nuovi assetti di vita. Collegati, gli ultimi, a scelte di fondo come le modalità di procacciarsi il quantum per vivere, e poi tutte le altre strettamente connesse di tipo energetico, ecologico, urbanistico, di mobilità, di pianificazione pensionistica, di assistenza sanitaria, di fruizione di spazi di cultura, di lentezza o velocità dei ritmi di vita, di scelte di pianificazione familiare, con tutto ciò che ne consegue e determina la cultura delle società e dei territori. Tutto ciò che concerne, in sostanza, il modo di vivere. Un punto di vista che voglio offrire con la maturazione dell'esperienza personale, per far comprendere che difendere gli aneliti di vita, anche con determinazione e senza violenza, non significa la non accettazione del pensiero altrui. Significa, molto semplicemente, riaffermare il proprio diritto a vivere senza che questo tolga a nessuno il diritto di scegliere in modo più tradizionale. E la diversità, cioè stabilire cosa è diverso rispetto ad uno standard, non è determinata da un puro criterio quantitativo, cioè essere minoranza o maggioranza numerica.

E, se permettete, neanche rispetto ad uno standard qualitativo: prendiamo come base di riferimento le modalità di pensiero e di azione che si sono consolidate nella storia per renderci conto di cosa abbia prodotto sino ad oggi. Non è certo tutto da buttare, ma molto da analizzare e criticare. Non c’è quantità numerica, perché il gregge ha perso la capacità e la voglia di pensare, e non c’è qualità storica determinante, neanche di elìte, perché il presente e il futuro sono tutti da riconfigurare, secondo ciò che l’evoluzione ha prodotto. C’è mai, diciamolo chiaramente, paura del futuro e di perdere le certezze acquisite, il posizionamento, la mancanza di controllo delle variabili, una diversa modulazione della capacità di accettare e sopportare l’incertezza. Elementi, questi ultimi, che sono alla base della profonda suddivisione tra i gruppi sociali e lavorativi. E non c'è modo di vedere già da oggi il futuro, perché non esiste, è perfettamente in costruzione. Per questo le minoranze hanno necessità di esprimere una propria visione di vita e, magari, avviare percorsi innovativi, che possiamo semplicemente considerare in anticipo rispetto ai tempi futuri e la maggioranza altrettanto semplicemente in ritardo.

Ritardo evidentemente non nelle conoscenze del conosciuto, della cultura della nozione e del sapere nell'accezione tradizionale, che per quanto grande sempre è una goccia nell'universo del creato, ma in ritardo nel comprendere i processi che influiscono sulla determinazione dell'essere, su come vivere e come seguire gli istinti dell'anima, cioè in sostanza come alzarsi la mattina e sentirsi felici, o quantomeno meglio rispetto a prima.

In onda prossimamente, il tempo di assemblare i dati e i pensieri.


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