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Nel mondo della scrittura dell’anima

Aggiornamento: 7 nov 2023

la scrittura fuori concorso - quando la scrittura e la narrazione, in sintesi la visione, non hanno la finalità di comporre nell'ambito di un conosciuto, cioè l'elaborazione di una sussistenza di conoscenza nell'utilizzo sia di un'attitudine propria che di un esercizio, ma assume la configurazione dello strumento espressione dell'anima, e della mente, nel vedere "le cose" di questo mondo


la scrittura grezza, pan rozzo per la fame dell'anima


Tornando alle motivazioni dello scrivere, quella più importante, di fondo, è dare spazio alla voce dell’anima, in modalità di espressione anche grezza e non perfettamente compiuta, che nulla ha a che fare con le specifiche competenze dell’intelletto.”

In fondo l’uomo, soprattutto quello occidentale, non ha fatto altro che costruire strutture intorno all’anima, un modo di ragionare che vuole sempre trovare una sua razionale spiegazione. Ne vediamo il risultato, quando l’anima o le anime, l’indole, le specificità, i desideri, si scontrano con le strutture, si creano fratture. Quelle più piccole, che in quanto tali spariscono nell’ambito della quotidianità necessaria che le assorbe come uno scottex, altre più grandi che, a seconda dei casi, rappresentano fatti da gestire come patologia. E quindi raccontare le cose per come si vedono, neanche necessariamente per come sono, seguendo i sensi dell’anima, che ha i suoi strumenti di percezione, la sua sensibilità, rappresenta per me la vera motivazione. Detto questo, che vale più che altro per introdurre la prospettiva con cui scrivo, che non è quella tecnica, ne approfitto per ribadire un concetto a me molto caro.

Senza alcun obiettivo di tirare acqua al proprio mulino, del pensiero, voglio ribadire ancora una volta che per me, la scrittura non ha nulla di tecnico, nel senso della ricerca di un canone estetico codificato, pur nella piena consapevolezza del valore della conoscenza, della tecnica che si affina con lo studio, che regala metrica, matematica e quant’altro agli scritti, e, in generale, a tutto ciò che si produce e realizza in molti ambiti, tra cui quello culturale. Per me la scrittura è solo un’appendice, la fase terminale di un processo. Certamente è importante progredire nelle conoscenze tecniche per eliminare le inesattezze, per aderire quanto più possibile al corretto modo di scrivere, ma questo più che altro per ossequio, per gentilezza nei confronti di chi è padrone della conoscenza e cura questi aspetti.

Per me la scrittura è solo uno strumento, il terminale di un processo di apprendimento che ha nell’esperienza la sua fonte, nell’elaborazione intuitiva il suo processo di produzione, che si concretizza nella forma delle parole in grado di esprimere, al di là della tecnica, il sentimento vero che lo alimenta. Inoltre, penso che la tecnica (chiamiamola così) rappresenti un po’ una struttura di cemento armato, che ingabbia la fantasia, che stringe i concetti e le emozioni per adattarle al contenitore e questo, in qualche modo, rappresenta una distorsione rispetto all’oggetto vero della narrazione, il trasferimento dell’emozione. Chiaramente non lo ritengo un approccio valido per tutti, lo è certamente per me. Nel momento in cui inizi il viaggio nell’acquisizione degli elementi di struttura, piano piano il corpo dell’anima e il suo essere vivo in base ai tratti che ne sono propri, ritorna nella sua gabbia, nel suo nascondiglio, quello in cui sono confinate una moltitudine di sensibilità, seppellite dal peso delle strutture codificate dalla conoscenza e dal corretto. E questo spiega la divaricazione del percepito di un lavoro, sia esso uno scritto, una musica, un dipinto: il percepito tecnico, il cui linguaggio è decodificato da chi ha gli strumenti di lettura, il percepito emozionale, che tutti recepiscono, il percepito emozionale dove c’è struttura e tecnica, che si fondono senza regole di priorità, senza necessità di percorso. Perché a volte anche chi esprime una sensibilità senza aver fatto un percorso tecnico, trasferisce come d’incanto una tecnica che risponde alle regole della conoscenza intuitiva, che ricodifica, mediante altre vie, quello che lo studio e l’approccio razionale cataloga in regole definite. Questo se vogliamo, è parte del mistero della natura, della vita e del progresso, che ci porterà in futuro sempre più a capire perché ci muoviamo in un certo modo, nel materiale e nell’immateriale, una conoscenza che avvicinerà, non divaricherà, sempre più ciò che siamo da ciò che conosciamo.

Per questo motivo voglio lasciare libera l’anima e la sua fisicità, per non turbarla cominciando a costruire steccati, per evitare che scappi e poi, non ritorni più.

E così, se si costruiscono steccati, l'anima scappa e l'unico modo è seguirla, per non perderla, ovunque vada, nel nascosto di un nascondiglio fermo, ingabbiato, o nel vagare tra i luoghi del mondo, lontano dalle gabbie delle ideologie, dei pensieri, fuori dalle macerie.

Oggi posso dire che qualcosa si rifiuta di esprimersi se non a determinate condizioni, qualcosa di più specifico non ne vuol sapere, intento com'è a raccordare esperienza vissuta ai suoi tempi con la follia moderna, altro ha bisogno di condizioni di vissuto, molto altro è già scritto e quindi oggi la scrittura può attendere l'evoluzione degli eventi e la metabolizzazione di quanto in atto. Mentre la poesia, sulla poesia possiamo solo essere contabili metronomi e misurare, a posteriori, la distanza tra un'esternazione e un'altra, che sappiamo, la poesia non si gestisce, semplicemente si subisce come pura espressione di sintesi del vissuto.




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