I granelli di sabbia del pensiero
In ultimo, ciò che di solito si fa per prima. Il disclaimer. Anche gli invisibili, i piccolissimi come me che si occupano di pensiero e sperimentano l’ineludibilità delle trasformazioni delle anime nelle società, vivendo ciò che altri hanno già vissuto in altre epoche, hanno la necessità di precisare ciò che sembrerebbe chiaro.
Anzi, vorrei ricordare che i granelli di pensiero non vanno sottovalutati quando sappiamo che il più complesso meccanismo si può bloccare per un granello di sabbia.
"Cosa Succede in Città" è lieta di invitarVi al prossimo pascolo di riflessione, la prima parte di
"I granelli di sabbia del pensiero",
Il nuovo mondo dei diversi mondi: tra utopia e necessità.
Il nuovo mondo dei diversi mondi: il disclaimer necessario
"In questa occasione, ho invertito. Inserisco l'ultima parte dell'articolo qui, all'inizio e la parte finale di chiusura ve la metto qui."
Vi lascio per il momento con questa immagine, una tabella che ho già pubblicato.
Dico solo una cosa, pensate sia possibile conciliare quello che vedete (e provate nel concreto del vivere) con la realtà che scaturisce dalla semplice lettura dei dati?
Certamente è più facile prendersela con un piccolo contributore, per di più padre e che quindi pensa al futuro delle generazioni attuali e future, magari aggiungendo ulteriori cespiti motivazionali.
Vi chiedono sempre di più, e le risorse confluisco ad esempio per la produzione/acquisto di armi di distruzione ; guardate nella tabella i dati in neretto, scusate ma vi domando: sicuri di stare bene? siete sicuri che il problema siano le voci narranti, i cosiddetti "non allineati"? Dentro quei numeri ci siete principalmente Voi, da sempre vi raccontano la frottola che il problema sono le entrate, il dato finale è quasi tutto irpef che naturalmente è appoggiato sulla parte produttiva oltre che su quella pubblica, quindi? Il problema è il narratore? Il mio contributo di lettura sulle dinamiche aziendali le ho già raccontate, forte dell'osservazione dei fallimenti di aziende storiche che però hanno tirato la carretta consentendo a intere generazioni di vivere, dando loro un futuro, quello che oggi Vi manca e andate cercando confutando la realtà dei fatti. Ecco quindi che nel frattempo, tutto ciò che serve per il sostegno produttivo e "assistenziale" (ad esempio gli autonomi, le piccole realtà produttive che non hanno paracaduti e hanno bisogno non di "assistenza" ma sostegno nei percorsi di ripartenza e/o modifica delle loro attività, considerando che sono molti quelli che non hanno la sussistenza legata alla pratica della politica, che soccorre sempre e garantisce pranzo e cena; potremmo dire che guardando le inefficienze di sistema, non è una grande pubblicità per chi si occupa di politica da decenni, insultare chi le difficoltà figlie delle inefficienze e delle necrotiche procedure di sistema, vive o no?), non c'è.
Non vado oltre perché, come si diceva una volta(2), non sparo sulla Croce Rossa, a differenza di quello che avviene oggi al contrario; ahimè, evidentemente nei conti di sopra non pesa il costo della benzina da spendere a vuoto, non bastano i diversi tipi di "inquinamento", serve anche quello acustico, non si ha tempo per rispondere alle mail di richiesta di sostegno da chi si trova a combattere, nella nostra società, al fronte dello scontro tra poteri che trattano come straccio le vite umane usandole per lustrare i loro cruscotti e affermare artificialmente la loro verità.
In quell'enorme debito pubblico, in quel disavanzo di gestione, nei flussi di rimborso di interessi, ci siete anche Voi, narratori della quotidianità, che attingete al pubblico per sostenervi, che siete parte della narrazione, che siete giudicanti, sportivi del tennis da riporto, mi chiedo: c'è un parametro di valutazione economica anche per voi, oppure la cultura, l'arte, la scrittura, il cinema, la poesia, esistono solo per voi quando ve ne occupate e non anche per chi pratica la dimensione artistica come espressione dell'essere?
Mala tempora, nell’attesa di un’ottima se non tempora, almeno tempura.
(2) per i più giovani, il detto significa che non si infierisce sul più debole, mai, il ribaltamento attuale, di questi ultimi anni è proprio la restaurazione di ciò che era proprio nel passato, e che si è tentato di cambiare quando qualcuno disse, alla sua struttura, di essere "debole" con i deboli e forte con i forti. Tutto quello che vedete oggi, se qualcuno con un pò di senno ha la voglia e l'onestà intellettuale di farlo, è nella logica di affliggere e cancellare tutto ciò che ha messo in discussione pensieri, azioni, procedure, totem.
Ciao, amore mio, mia dolce Luna Rossa, mia dolce sposa, il nostro un amore avverso, ma che Dio benedice, perchè da esso proviene e, in quanto tale, si troverà sempre e comunque insieme, nel bene e nel male.
In ultimo,
ciò che di solito si fa per prima. Il disclaimer. Anche gli invisibili, i piccolissimi come me che si occupano di pensiero e sperimentano l’ineludibilità delle trasformazioni delle anime nelle società, vivendo ciò che altri hanno già vissuto in altre epoche, hanno la necessità di precisare ciò che sembrerebbe chiaro. Tant’è, non solo la conflittualità, ma l’incrocio delle esperienze di pensiero e di vissuto nell’ambito dell’umano nel sociale, richiedono questo passaggio, poiché i gruppi sociali, in passato, difficilmente si sono incontrati così da vicino e, direi, mai come oggi si sono scontrati per un periodo così lungo che sembra non finire mai.
L’epoca post globale è caratterizzata da così tante specifiche situazioni di trasformazione che coinvolgono tutte le zone sociali, diciamo un po' tutti, in molti aspetti del vivere, materiale e spirituale, nella dimensione aggregata e individuale. Gli scontri e i fronti di guerra ne sono un esempio. Nell’emergenza, gestita prima nell’ambito della crisi sanitaria, poi nella guerra, esprimere il proprio pensiero sperimenta la fragilità della nostra piccolezza e la materialità delle impalcature organizzative sociali che dall’essere invisibili e trasparenti, pian piano prendono forma nel reticolato delle relazioni, dei pesi e delle misure, mostrando i muscoli nel chiudere, nel cancellare, nell’imporre.
Esprimere una propria visione sulle caratteristiche del mondo occidentale, magari esprimendo una critica che ha il suo carattere di necessità nel momento in cui il dibattito democratico e la sperimentazione della sua sostanzialità nel vivere, è cosa normale.
Esprimere una critica, su uno o più aspetti, non significa mettere in discussione le fondamenta, i tratti caratteristici del mondo in cui, in fin dei conti, siamo nati e viviamo. La ricerca di una migliore condizione di vita è sempre stata un’attitudine del vivere umano, non si comprende quindi l’atteggiamento ostativo, culturalmente ostativo, di chi condanna, a priori, qualsiasi atteggiamento di critica.
“dà fastidio”, direbbe qualche manovratore, magari senza rendersi conto che l’assorbimento della critica è parte non solo integrante ma anche sostanziale del proprio ruolo, per di più se in condizioni di privilegio.
Un’altra delle deformazioni di questa contemporaneità, è l’automatismo nei prodotti del pensiero: criticare diventa essere anti-occidentale, anti-europeo, anti e automaticamente a favore di. Possiamo definirla tranquillamente una delle peggiori deviazioni di questo mondo perché elimina a priori l’eloquio, il ragionamento, la discussione, lo scambio di idee, la libertà di esprimersi.
Voglio adesso focalizzare l’attenzione sull’automatismo “critica alla società occidentale/anti-occidentale/a favore del resto del mondo/pro-conflitto/magari pro azioni di guerra”.
Faccio notare che lo scontro in atto è nelle società occidentali, forse in modo più corposo e pregnante che tra i blocchi e le aree del mondo.
Le visioni differenti sono all’interno delle democrazie e lo sono in modo corposo, direi quasi violento. Non solo, c’è poi una trasversalità che supera i blocchi e unifica le visioni, i pensieri e le azioni all’interno di tutte le aree del mondo: le azioni di pensiero delle classi e dei gruppi sociali che, in modo naturale poiché siamo umani, cercano migliori condizioni di vita, nella materialità, nei diritti, nella pratica della libertà di essere e di vivere. Il mio pensiero l’ho già scritto ripetutamente e copiosamente, nella misura in cui ho descritto ciò che vedevo, in modo puro, non filtrato, poiché il filtro è proprio il cuore dei problemi[1].
Vedere ciò che succede nel proprio tempo, astraendosi e portandosi ai limiti della condizione materiale, quella in cui diventa più puro il sentire dell’anima e poi raccontarlo, ha solo il senso del vivere per contribuire alla soluzione dei problemi, al cambiamento del modo di pensare, a volte rendendo più chiaro il ruolo dei filtri e dei tappi allo sviluppo del pensiero e dei cambiamenti. Naturalmente tutto ciò che aderisce ed è parte del mondo che vuole conservare, reagisce di suo, e questo lo vediamo ogni giorno sempre di più.
I mondi nuovi di cui parlo, sono quelli che si attivano in modo naturale quando c’è resistenza ai cambiamenti o si vogliono imporre visioni restrittive del modo di essere e di vivere. Non solo dal punto di vista dei diritti, ma soprattutto dell’organizzazione nelle funzioni del vivere e nella parte economica, fondamentale nella società del profitto e della competizione. Ma tutto ciò più che essere critica e quindi interpretato come distruttivo è, paradossalmente, conservativo, lo è a maggior ragione per gli attori “vincenti” di questo mondo perché vedranno la loro struttura di società “conservare” i tratti desiderati; dall’altra la parte della società che non trova riscontro alle proprie istanze nei cambiamenti, si organizza per vivere meglio. Molto semplice. È così che l’impatto più grande e, ripeto, naturale, è sulle modalità di creazione di valore. Un primo esempio ne sono le comunità energetiche, ma potrebbero sorgerne altre sull’aspetto abitativo, di circolazione delle merci (in particolare quella alimentare, ricordo che la spesa alimentare è una componente rilevante del vivere quotidiano), e così via per l’educazione, la fruizione della cultura, del tempo libero, in generale la fruizione dei prodotti di esperienza. Nello sfruttare le possibilità di organizzare il lavoro nel modo più flessibile e conveniente possibile. Tutto qui.
Anzi, mi verrebbe da dire, nella minuscola dimensione del mio essere, che i granelli di pensiero non vanno sottovalutati quando sappiamo che il più complesso meccanismo si può bloccare per un granello di sabbia. I comportamenti sociali, quelli di acquisto, sono la parte speculare di quelli di vendita, cioè il terminale di una produzione nella combinazione delle risorse che fanno ciò che è scontato ma che bisogna ricordare poiché sembra che i processi regressivi siano talmente accelerati che nulla va trascurato: vivono.
Ecco quindi, attenzione (nel senso amichevole, “porre attenzione”, riflettere), soprattutto per chi ha ruoli di responsabilità, di direzione: il troppo storpia, si dice, cioè la famosa corda che si spezza. Trovare un più giusto equilibrio all’interno della distribuzione del valore, sociale ed economico, può diventare condizione di esistenza, di sopravvivenza. Tant’è che la parte sociale “direttiva”, cioè quella che in qualche modo impone il modello sociale e che gestisce il ritmo dei cambiamenti (rifiutandoli o accettandoli in parte) reagisce spesso in modo impositivo, con la forza della norma e della regolamentazione.
Ripeto, il modo di vivere all’interno delle società è il risultato di una combinazione tra pianificazione e iniziativa individuale. Quando la pianificazione serve solo alla tutela di un interesse di parte, che in genere è un profitto o la pura gestione del potere, si creano disequilibri che provocano azioni organizzative diversificate che tendono a configurare il modo di vivere secondo i desiderata. Un problema centrale nel mentre le azioni di conservazione o trasformazione (a seconda dei punti di vista) agiscono, è capirne l’obiettivo di fondo, non sempre espresso in modo chiaro.
Con il mio lavoro di pensiero che ha bisogno di essere supportato anche materialmente, nel corpo che si muove per conservare l’efficienza anche della mente, cerco fondamentalmente di fare questo, discernere il presente, lo faccio per me e per chi vuole usufruirne come elemento culturale che contribuisce, o no, alla visione di vita e alle decisioni conseguenti.
Il mio è un muoversi, nel movimento del pensiero e del corpo, ma certamente pur nel recinto di un ipotetico Colosseo, il mio non sarà mai vivere un rodeo.
Lo rifiuto storicamente, culturalmente, praticamente. Seguo i ritmi della mia mente e del mio corpo. Anche e soprattutto in giro, ebbene si, in giro, resistendo alle forze sociali che si attivano per distruggere ed espellere, ciò che li disturba, ciò che non capiscono, ciò che non desiderano.
Eppure le storture di questa nostra società sono veramente tante e clamorose, colpiscono da vicino, non è soltanto un rimbrottare tanto per fare. Certamente, il carboidrato fa il suo onesto lavoro, però se è vero che si vuole una società veramente migliore, quella non solo delle opportunità, ma del convivere le diverse normalità dell’essere, ristabilendo le condizioni di sostenibilità di base, bisogna in qualche modo combattere, non tanto con l’obiettivo di rimanere vivi in una sorta di congelamento, ma di vivere a pieno e questo lo si può fare solo quando il pensiero e la mente praticano ogni giorno l’esercizio e il lavoro della riflessione sulle esperienze della vita.
Esperienze, vissuto, autonomia, trasferimento dei prodotti del pensiero, creatività, l’essere: i giri fanno molto più di due vite.
Vi lascio per il momento con questa immagine, una tabella che ho già pubblicato. (vedi sopra)
[1] E’ il senso della scelta personale di non collocarsi, poiché anche il più prossimo collocamento in una delle caselle del mondo codificato significa cancellare qualsiasi tipo di spinta all’innovazione, alla visione differente. Questo è quello che succede e purtroppo le vie attuali, molto più che in passato, sono chiuse, anche a costo di riempirle di macerie. La mia riflessione è molto semplice: cosa si può aggiungere all’interno di un gruppo o di una posizione informativa o addirittura di azione politica che non sia già stato definito o ristretto all’interno di un processo decisionale che ha vincoli stretti di movimento del pensiero? Resta quindi soltanto la possibilità di costruire nuove relazioni inserite in un processo di presa di coscienza personale dove è possibile poi praticare la scelta consapevole senza correre dietro né ai simil imbonitori, come vengono definiti, o ai real castigatori, come succede ogni giorno in cui si certifica, accetta, anche in nome do Dio, l’ineludibilità e la necessità dei conflitti. Di certo, cari signori, qualsiasi Dio non può certo essere aderente a ciò che devia dalla natura di esseri intelligenti, da ciò che devia dalla possibilità di praticare l’amore, dalla fede in qualcosa che dovrebbe spingere fortemente a praticare il lato della bontà e non della cattiveria, della soluzione e non della distruzione. I processi del pensiero che praticano la libertà di vedere le cose per come sono, senza filtri di orientamento o soffocamento, non devono trovare ostacoli o vie preordinate. Nel mondo che qualcuno, o molti, vogliono trasmetterci, c’è molto di questo modo di coibentare le costruzioni, organizzative, materiali, di pensiero. La fase patologica dei conflitti sociali, dal covid in poi, ha mostrato la sua forma, il suo viso, i suoi artigli, nel momento in cui l’individuazione di ciò che difforme, attiva i processi che svuotano sin dalle fondamenta le possibilità effettive di vita, figuriamoci la critica o la contestazione. E figuriamoci la lotta. E’ il cuore del problema, il filtro con cui si scartano i pensieri differenti, come i fluidi incanalati nel dimenticatoio, cancellati e sversati in pozze da evitare. Tornerò sull’argomento, in particolare sulla patologia del sistema che elegge le nuove figure degli orientatori, dei “conventional joker” come li ho definiti, ecco, una cosa che vi auguro di cuore di non provare, vedere i processi interni, psicologici, che si attivano in questi personaggi; posso dirvi che sono quelli alcuni momenti in cui riesco a vedere il male a monte, nel luogo in cui si può percepire davvero la precarietà del vivere in pace.
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