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Piano straordinario di ristrutturazione delle facciate

Aggiornamento: 6 nov 2023















a cura di Renzo Veloce


Miglioramento architettonico? Nuova efficienza energetica? Migliore qualità abitativa? No, non si tratta di immobili.

[L'Articolo non è recente, la fase di cui parlo, -dentro l'articolo- è già iniziata da un pezzo, in corso]


La fase transitoria “post” crisi economica globale, “in” crisi economica sanitaria, “ante” crisi economica e sociale post Covid, rende urgente il cambiamento dell’intero paradigma di regole. Nel frattempo che arrivi l’esatta e piena maturazione della necessità di procedere in tal senso, le strutture sociali si avviano alla ristrutturazione di facciata, in nome e nel segno del teoricamente (e politicamente) corretto. Un tema di straordinario interesse soprattutto perché in progress, un divenire in cui però i tratti di frattura e, in alcuni casi, di ricomposizione con le forme teoriche e anche ideologiche del passato, sono visibili già da oggi, così come è possibile immaginare la più prossima destinazione. A meno che, a meno di....

Intanto l’unica cosa che non cambia è il motore, alimentato con diverso carburante, molto più economico: il motore è il muletto dei lavoratori, dipendenti ed indipendenti, il mondo autonomo. Il carburante non è il liquido della moneta, ma autobotti di ideologia, il politicamente corretto, i valori etici e morali, i valori eroici della ricostruzione, della solidarietà “volemose bene” e intanto “stamo male insieme”.

Certo, è auspicabile, anzi fondamentale, che il centro di ciascuna vita sia quella spirituale, che guidi nella materialità, perché gli obiettivi deliranti focalizzati solo sulla vita materiale hanno prodotto danni enormi e l’umanità più colpita si è trovata non solo spiazzata, ma anche infilzata dal delirio onnipotente di chi ha esteso il suo concetto di società valutando non solo il comportamento materiale, ma anche quello spirituale, cioè le anime: un delirio di onnipotenza che ha tracimato la dimensione materiale e ha dilagato sulle vite delle persone nella loro pienezza, decidendo il loro destino, affogandole senza possibilità di ritorno.

Questo si, un vero delirio di onnipotenza di chi, salito in cattedra, ha cominciato, in una contemporaneità che vive una crisi mondiale senza precedenti nell’epoca moderna, a separare buoni (o presunti buoni) e cattivi, asini spremuti e asini ancora validi, rottamati e da rottamare, pensanti corretti e irrimediabili non pensati, in nome di un mondo in cui anche le norme e le regole sono ancora asservite alla mietitrice globale, un mondo che non si capisce cosa avrebbe o dovrebbe fare se non pallets, fasci, di poveri e nuovi poveri. Possibilmente tutti assistiti, al minimo. O meglio, si capisce bene l’obiettivo, che sembra non cambiare: forti e suoi seguaci da una parte, deboli dall’altra. E quindi, indirizzanti e follower da una parte, ribelli e contestanti dall’altra.

La libertà, quella per cui tanti sacrifici, anche di sangue, sono stati fatti in tutte le parti del mondo, ha oramai preparato le valigie verso un viaggio di addio, in esilio in un luogo recondito del pianeta dove, questo è certo, il progresso tecnologico fine a se stesso e il pensiero razionale con la mazza rifatta, la modernità in generale, non hanno cittadinanza, prevalendo un sistema di vita che potremmo utopicamente definire in equilibrio fra le sue componenti, forse anche piccole comunità dove, semplicemente, si riparta di nuovo cercando di non incartarsi, così come è successo a questo mondo globale. E dove si comprenda, pian piano, che il segreto di tutto, anche del senso della vita, è dentro di noi, nella nostra individualità. E lì la ricerca, non in terra, né in cielo.

E i luoghi urbani saranno invece i luoghi della battaglia per tenere vivi, con gli atti quotidiani, con la cultura, con l’esercizio al pensiero e alla filosofia, l’arte, la creatività, le passioni, con la positività, i presidi di autonomia, di soggettività, di individualità, tesi a condividere bellezza e gioia, e non diventino invece luoghi di sofferenza, di alienazione, in breve, di fratture tra i tratti caratteriali che ci sono propri che sbattono letteralmente contro i pali che sorreggono le strutture sociali moderne e iper moderne, dove prevalgono omologazione e standardizzazione in nome del controllo, della sicurezza, della semplice sopravvivenza dal male che incombe.

È quindi, l’attuale, un periodo di conflitto, anche se non in senso tecnico di guerra (nb: oggi, in revisione, la guerra c'è): l’oggetto del contendere è la libertà, la visione di vita, la possibilità di conciliare il particolare con il globale, la difesa delle proprie tradizioni che la gomma globale ha attitudine a cancellare, la connessione necessaria tra i popoli e i luoghi che devono trovare il sistema, cioè l’accordo, per definire, in ciascuna area, le condizioni migliori, collaborando.

Ma le scintille delle spade della nuova guerra fredda, oggi per il vaccino, per la tecnologica, domani prossimo per imporre la svolta energetica in un senso piuttosto che nell’altro, dopodomani chissà per cosa, sono evidenza solo che le zolle continentali del pensiero sono in movimento, non si sa verso quale equilibrio, verso quali obiettivi.

E purtroppo non possiamo più dire che sono argomenti che non ci riguardano, perché la salute, il lavoro e l’economia, il benessere dei nuclei sociali, cioè le famiglie di relazioni nella loro configurazione minima, il fondamento delle società, ma anche le singole individualità, dipendono dalle scelte e dalle azioni non più solo di prossimità.

Nel frattempo, in attesa di capire come si evolverà, le società azzerano i flussi di insofferenza e di protesta, se non di ribellione, affidandosi alle solide strutture di pensiero del passato, chiudendo in cantina tutto ciò che nell’immediato, può distruggere totalmente il mondo che ha trovato il suo punto di arrivo nell’equilibrio dei disequilibri.

Chiudendo in cantina le voci che chiedono libertà, diritti, una migliore qualità di vita, condizioni di lavoro decenti, un sistema rinnovato di partecipazione alle decisioni della politica, che rifiutano l’imprigionamento della vita nella colla dell’assistenzialismo di cui nutrirsi come liquido vitale, che rifiutano il pensiero omologato e perfettamente adiacente se non combaciante con i caporali del pensiero che non perdono occasione, giorno dopo giorno, di perpetrare il sacrificio del capretto al dio terreno del politicamente corretto.

Però, in tutto questo, c’è un però. Le azioni messe in atto rispondono alla necessità, almeno dalle nostre parti, di ristabilire condizioni di vivibilità del dialogo, di mediazione delle posizioni, di fiducia, ma soprattutto, di normalità, che ha bisogno, almeno nella gestione pubblica, di ristabilire le giuste distanze, il distacco necessario che non significa abbandono, ma consegue all’autorità dei ruoli, garantito dalle competenze e dai percorsi professionali. E poi le modalità comunicative conseguenti, che riacquistano i giusti tempi.

E riportare al centro dell’attenzione non solo la necessità di risolvere i problemi, non solo la visione strategica del futuro ma, soprattutto, i principi e i valori fondanti, la correttezza, il senso civico, la solidarietà, il senso di giustizia che, almeno per una fase non breve, significherà molto spesso mediare tra rigidità delle norme, nell’attesa che vengano adeguate e l’obiettivo sostanziale di concretizzare il senso di giustizia.

Perché tutta la fase storica passata, in cui sono stati maturati sacrosanti diritti, che è stato caratterizzato da molteplici fenomeni di pensiero e di azione, in cui si sono sviluppate vite e consolidati pensieri, non può essere di colpo tagliato a fette e chiuso in una scatoletta di tonno.

E quindi si spera che la gestione del nuovo, che ha il suo fardello di criticità, ma è anche molto stimolante perché ricostituisce l’orizzonte degli obiettivi, si accompagni con la gestione delle problematiche del tempo passato, da sistemare con cura per raggiungere un punto, temporale futuro, si spera prossimo, in cui le anime delle pecorelle del nostro tempo, siano pacificate e pronte alle prossime sfide della vita.

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